"Mi sono ripescato dal vortice dei rifiuti dell’Arte Accademica e mi sono trasfigurato nello zero delle forme. Ho distrutto l’anello dell’orizzonte e sono uscito dal cerchio delle cose, dall’anello dell’orizzonte in cui sono inclusi l’artista e le forme della natura.
Questo maledetto anello, svelando di continuo cose nuove, allontana il pittore dal fine del perdersi."
Titolo: Kazimir Malevič 
Dimensioni: 19,5x15,5 cm
Data: 2000
Editrice: Abscondita
Il suprematismo è un movimento artistico che nasce in Russia durante la Prima guerra mondiale, fondamentale fu l'apporto dato da Malevič, le sue prime idee si possono far risalire al 1913 quando realizzò alcuni disegni per l'opera teatrale "Vittoria sul Sole". Tuttavia una vera rivelazione di queste tesi si ebbe solo nel 1915, in occasione della mostra "0.10" di San Pietroburgo, in cui furono esposte 35 sue opere.
Il nuovo movimento sanciva una libertà dell'artista al vincolo di rappresentare la realtà, e si poneva uno stile essenziale, un'espressione suprema della visione artistica. Ai futuristi rimproverava di non essersi sbarazzati completamente dell'oggettività. Questa era invece la conquista che avrebbe garantito agli artisti la supremazia, "la costruzione di forme a partire dal niente."
Nel 1920 venne pubblicato il saggio: "Il suprematismo, ovvero il mondo della non rappresentazione", in cui emerge la nuova teoria dell'arte e la poetica di Malevič.
Vittoria sul sole, bozzetto del quadro quinto, 1913
Perseguendo questo obiettivo, Malevič realizzò opere in cui la rappresentazione di cose e persone lasciò il posto all’intransigente essenzialità della forma pura, alla composizione di figure geometriche elementari, autonome rispetto a qualunque esperienza sensoriale: il rettangolo, il triangolo, la linea, il cerchio.
In Quadrato bianco su fondo bianco, del 1918, l’artista giunse a dipingere forme bianche su fondi bianchi, per «esprimere il potere della statica attraverso un’essenziale economia della superficie».
Attraverso queste ricerche, la sua pittura si avviò sempre più verso la rarefazione stilistica, sino alla solitudine della tela bianca, sino a quasi la negazione di sé stessa. Queste opere di Malevič vanno lette in chiave puramente simbolica: è chiaro, infatti, che non rappresentano nulla. Esse “sono” di per sé.
Quadrato bianco su fondo bianco, 1918
Nel dicembre del 1915 Malevič partecipò alla mostra 0.10, dove appese il suo "quadrato nero su fondo bianco" in un'angolo in alto della sala principale, dove solitamente nelle case russe venivano poste le icone religiose.
Per ogni russo devoto fu' uno shock, queste icone rappresentavano per loro infatti un collegamento con l'infinito, un varco tra il mondo fisico e l'aldilà.
Nelle forme di Malevič invece tutto ciò sparisce e viene annullato, per dare spazio alla superficie vuota del quadro.
La tradizione viene così negata, e viene aperta una nuova via dove la spiritualità dell'artista è puramente terrena, ricondotta unicamente alla dimensione dell'umano e alla pura sfera dell'arte. 
Quadrato nero su fondo bianco, 1915

La mostra 0.10, in alto il quadrato nero su fondo bianco

Con la sua operazione Malevič poneva fine all'arte secolare e alla tradizione fatta di fede e religione, ma allo stesso tempo faceva nascere qualcosa di nuovo, «Il quadrato nero […] sbarrava per sempre la finestra illusoria della rappresentazione, gridava al mondo che bisognava aprire gli occhi sulla vera realtà della pittura, che non era “al di là” della finestra, ma proprio lì, su quella superficie piatta» (L.Bonfante). 
L'eredità lasciata da Malevič è importantissima e aprì la strada ad altri grandi artisti del secondo Novecento come Rothko, Reinhardt e Klein.
"Riprodurre oggetti amati e angolini di natura significa essere come un ladro che si compiace dei suoi piedi incatenati. Soltanto artisti ottusi e impotenti dissimulano la loro arte con la sincerità. In arte c'è bisogno di verità, non di sincerità.
Gli oggetti si sono dileguati come fumo per una nuova cultura dell'arte e l'arte procede verso l'autonomia della creazione, verso il dominio sulle forme della natura."
La visione di Malevič è potentissima e fondamentali sono queste ultime parole, "l'autonomia della creazione" e il "dominio sulle forme della natura". 
Già nel precedente articolo con Baudelaire, nel 1859, abbiamo visto come secondo il poeta la "fotografia aggrava la frattura tra domanda di "vero assoluto" e offerta di immaginazione", nel mondo dell'arte.
Ciò che veniva "accettato" come rappresentazione nel mondo dell'arte è sempre stato oggetto di diatriba, per Baudelaire l'esatta e meccanica rappresentazione degli oggetti con lo strumento fotografico minava gli sforzi degli artisti di liberarsi dall'oggettività del reale in favore di un'estetica non mimetica ma espressiva ed immaginativa.
Con Malevič nel primo decennio del '900 si assiste invece al primo grande terremoto artistico in cui si negano completamente, come lui stesso asserisce, le forme della natura, almeno nella "visione" in cui le abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, viene quindi chiesto uno sforzo concettuale e interpretativo a chi si trova di fronte alla sue opere.
Malevič purtroppo non ebbe successo nel tentativo di diffondere la sua modernità alla Russia del tempo, legata ad un'arte fatta di dipinti che inneggiavano ai generali dell'esercito e a scene propagandistiche, tuttavia non demorse e molte opere gli furono sequestrate o vennero via via distrutte in quanto considerate sovversive.
In Russia sono presenti ancora tanti suoi scritti ancora non tradotti o diffusi e opere ancora da scoprire.
Nel 2017 al Mambo di Bologna furono presentati alcuni suoi dipinti nella mostra "REVOLUTIJA. Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky", in collaborazione con Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. 
Fonti:
 Kazimir Malevič - Gabriella di Milia
Arte Svelata - Giuseppe Nifosì
La Vittoria sul Sole di Malevič: la dissoluzione della realtà - Laura Scala

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