Konrad Fiedler è considerato uno dei massimi filosofi dell'arte vissuti nel XIX secolo. Elaborò una teoria artistica fondamentale, che influenzò gran parte dei critici anche a distanza di parecchi anni.
Si tratta della teoria della pura visibilità.
Per il filosofo greco Platone l'arte era mimesi, imitazione della realtà, la teoria della pura visibilità va invece nel senso opposto.
Per Fiedler (in particolare si legga il trattato del 1876 "Sulla valutazione delle opere d'arte figurativa") l'arte non può configurarsi come imitazione della realtà per il fatto che ognuno di noi la percepisce in modo diverso dagli altri.
Si parte quindi dal presupposto fondamentale che esiste una realtà che prescinde dalle opere d'arte, e di conseguenza l'artista quando crea un opera d'arte, creerà un mondo nuovo, che sarà unicamente frutto delle sue percezioni e del suo gesto.
"Ciò che l'arte crea non è un secondo mondo a fianco di un'altro che esisterebbe comunque senza di essa, ma attraverso la coscienza artistica essa produce il mondo per la prima volta".
- Saggio sulla valutazione - Konrad Fiedler
Dunque per Fiedler l'opera d'arte "non è espressione di qualcosa che esisterebbe anche senza essa", l'espressione della realtà è bensì "la coscienza artistica stessa che in alcuni casi giunge al più alto sviluppo concesso all'individuo".
Ogni artista sviluppa una propria coscienza artistica che si esprime nell'attività dell'artista stesso. Un'attività di libera creazione (e non di imitazione, dunque) che l'artista conduce con il mezzo che ha a sua disposizione per percepire la realtà: la Reine Sichtbarkeit, cioè la pura visibilità.
Quest'ultima è da considerarsi (semplificando) come l'attività conoscitiva dell'artista, che parte dal dato percepito, lo rielabora interiormente e lo organizza sotto forma di strutture formali, e permette di giungere all'espressione artistica.
Ciò che distingue l'artista dall'uomo normale, dal non artista, è proprio la capacità di trasformare l'attività conoscitiva in espressione.
E l'arte ha inizio laddove i dati che provengono dalla realtà e vengono rielaborati dalla mente si trasformano in gesto, prendono forma, diventano opera e creazione.
L'attività artistica per Fiedler è più importante della stessa opera in quanto è l'attività stessa il contenuto dell'opera: "Nell'opera d'arte l'attività formativa trova la sua conclusione esterna, il contenuto dell'opera d'arte non è altro che lo stesso formare".
Inoltre, sempre secondo Fiedler, l'attività artistica sia dal punto di vista conoscitivo che formativo, non può superare i limiti dell'individuo.
L'artista non riesce quindi mai ad esprimere pienamente la propria attività interiore, frutto di complicati processi, nell'opera d'arte: se l'artista ha un immagine nella mente, non è detto che si concretizzi appieno nell'opera, si comprende quindi quanto sia importante, per Fiedler, l'attività dell'artista piuttosto che il risultato.
Uno dei principali meriti di Fiedler e di coloro che elaborarono le sue teorie consiste nell'aver spostato, a proposito dell'opera d'arte, l'attenzione dal contenuto verso la forma.
E' da qui che si origina il metodo noto come formalismo, attraverso il quale una vasta schiera di storici dell'arte iniziò ad approcciarsi alle opere e agli artisti indagando principalmente la forma e assegnando al contenuto un ruolo di importanza inferiore.
Bibliografia:
Maria Rosaria De Rosa, Estetica e critica d’arte in Konrad Fiedler, Aesthetica, 2006
Jurgis Baltrušaitis, Maddalena Mazzocut, I percorsi delle forme: i testi e le teorie, Bruno Mondadori, 1997